Proseguiamo nel nostro blog di denuncia contro la società di franchising Kipoint firmata Poste Italiane parlando oggi delle modalità in cui vengono organizzati i locali entro cui dovrà nascere il negozio.
Nel momento in cui si decide di proseguire con la sottoscrizione del contratto, il franchisor si inserisce totalmente nelle scelte dell'imprenditore e in ogni minimo dettaglio del negozio.
Ogni affiliato è costretto ad acquistare tutto l'arredamento presente all'interno del pacchetto di apertura di una filiale Kipoint, quindi può succedere (cosa realmente accaduta sia a me che ad altre persone), che il responsabile di zona decida di bocciare la scelta di un locale perché ritenuto troppo piccolo ad ospitare tutti i mobili previsti.
Effettuata la scelta dell'immobile, si entra immediatamente in contatto con la ditta fornitrice degli arredi attraverso un primo sopralluogo volto a ispezionare le potenzialità e un secondo di verifica.
Niente di strano, penserete voi, se non fosse che ogni singolo spillo che varca la porta di ingresso deve aver avuto una precedente autorizzazione da parte della direzione.
Accade così che dalla fotocopiatrice al registratore di cassa, dalle penne alla bilancia elettronica, ogni acquisto doveva essere effettuato solo seguendo le linee guida imposte dal franchisor e i relativi fornitori che venivano indicati agli affiliati.
Due punti da non trascurare in questa faccenda:
1) non è mai stato specificato in nessun momento della trattazione prima della firma del contratto, né tanto meno all'interno del contratto stesso che si dovessero essere burattini nelle mani dei dirigenti della Kipoint, i quali non hanno mai permesso nessun tipo di scelta imprenditoriale autonoma;
2) gli arredi e i macchinari acquistati presso i fornitori segnalati dal franchisor si rivelavano in realtà essere un altra fregatura, poiché veniva inviato al negozio materiale scadente di bassa qualità e pagato a peso d'oro.
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