giovedì 26 aprile 2012

Negozi Kipoint: quasi tutti chiusi per fallimento

DALL'INIZIO DEL PROGETTO KIPOINT AD OGGI SONO STATI APERTI 190 PUNTI VENDITA E NE SONO STATI CHIUSI PIU' DI 100 CAUSA FALLIMENTO.
Esiste una società chiamata Kipoint e marchiata Gruppo Poste Italiane che sembra divertirsi a vendere un'attività di franchising che non funziona.
Eh, già! Perché, come abbiamo parlato altre volte, i responsabili di Kipoint hanno proposto in lungo e in largo in tutto il territorio nazionale questo progetto, promuovendola come redditizia.
Ma, purtroppo, non è mai stato così.
Vi state chiedendo il perché? Il motivo è solo uno: difficile che un'attività possa essere considerata un buon investimento se la stragrande maggioranza delle persone che vi partecipano falliscono miseramente.
Se ora proverete a chiedere maggiori informazioni ai responsabili del progetto Kipoint, loro glisseranno sicuramente sul discorso e chiuderanno l'argomento citandovi un paio di casi di attività andate male, assolutamente irrilevanti (più del 50% dei casi non mi sembra una percentuale che si possa definire "irrilevante").
Quando mi sono inserito nella realtà del franchising Kipoint, i punti vendita già aperti erano 129 e non ero a conoscenza di nessuna chiusura, a parte di quel famoso paio appenna accennati dal tanto citato Francesco Calconi.
I mesi passano e l'attività non decolla mai, i conti non tornano e i debiti si accumulano.
E' durante la fase della mia chiusura che sono venuto a conoscenza dell'effettiva situazione generale. Fino alla decisione più drastica di mettere la parola fine a questo progetto, l'area manager Francesco Calconi esortava con una certa insistenza di evitare di contattarsi tra i vari punti vendita Kipoint poiché, a suo parere, non era necessario. Il suo consiglio era quello di rimanere in contatto solamente con i dipendenti diretti, che lavoravano nei negozi gestiti direttamente dal gruppo localizzati a Milano e Firenze.
E il forum degli affiliati? Secondo loro non avrei dovuto né leggerlo, né tantomeno commentarlo.
In un primo momento ho creduto che potesse essere un modo per evitare di farsi impaurire dalle difficoltà che si possono incontrare quando si apre una nuova attività.
Solo in un secondo momento ho scoperto che quello che gli affiliati riportavano nel Kiforum era un malessere generale dovuto alle problematiche di gestione ed economiche diffuse in tutti i punti vendita: non semplici proteste ma solo la punta di un iceberg che ci stava portando alla deriva.
La parola d'ordine? Nascondere la verità.
Sino a quando non ho comunicato al Sig. Calconi la cessazione del mio rapporto con loro, l'area manager continuava a descrivere il gruppo Kipoint in modo lusinghiero e ottimistico; nel momento in cui gli comunicai la mia decisione di interrompere il rapporto lavorativo, si è dimostrato in grande difficoltà: balbettii e silenzi imbarazzanti hanno preceduto la fine di una telefonata quanto mai surreale in cui ha avuto nemmeno il coraggio di ribattere (nemmeno quando gli ho dimostrato che ero a conoscenza di quello che stava succedendo ovunque).
Da allora il silenzio più totale da parte dei responsabili del progetto franchising.
Il mio scopo di adesso? Diffondere la realtà dei fatti, quella stessa che i dirigenti del gruppo Kipoint e di Poste Italiane continuano a negare.

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